Le rocambolesche rivelazioni degli ultimi giorni circa l’ennesimo scandalo che coinvolge case automobilistiche tradizionali mostrano una inquietante somiglianza con l’epopea dell’industria del tabacco.
Si fa effettivamente una certa fatica a credere che davvero si volesse verificare l’effetto cronico degli inquinanti supposti cancerogeni con esperimenti di esposizione di breve durata. Ma soprattutto ci si chiede a che pro scomodare dei poveri macachi, che avrebbero preferito rimanere nelle loro pozze calde nelle Alpi giapponesi, quando l’effetto dell’esposizione continua ai gas di scarico dei veicoli può essere verificato su tutti gli abitanti di qualsiasi centro urbano.
Fatto sta che le case automobilistiche convenzionali stanno evidentemente realizzando di essere con le spalle al muro sul tema ambientale, e quindi iniziano a ricorrere alle strategie appunto già viste in questi casi: la pressione lobbistica sulla politica (spalleggiati da frau Merkel), il tentativo di negare o minimizzare il problema (la vicenda macachi), fino alla truffa (il dieselgate).
Visto che ormai il Re è nudo, è probabilmente giunto il momento di arrendersi e imporre ai veicoli fossili scritte analoghe a quelle dei pacchetti di sigarette, visto che anche qua si pone un pesante problema di esposizione al fumo passivo.
In questo quadro desolante e disgustoso si intravvede una luce in fondo al tunnel, ancora piccolina ma in grande sviluppo. E tutte queste misere vicende non fanno che aumentare il divario già immenso tra la creatura di Elon Musk e i dinosauri fossili. Come già anticipavo qua.