About Mario

Oltre ad occuparmi di rifiuti per mestiere, mi intrigano la mobilità ciclabile e quella elettrica. E di conseguenza il viaggiare, da cui sto diventando sempre più dipendente

Fiumi di silenzio

Tutto in Giappone è ordinato, silenzioso, puntuale e pulito tanto che persino i chewing gum si rifiutano di appiccicarsi per terra, quegli stessi che da noi si affollano nelle stazioni, sui treni, metropolitane e nelle strade e prendono spesso un passaggio sotto le mie suole delle scarpe per andare da un luogo ad un altro. Ci si aspetterebbe quindi di vedere numerose persone affannate a pulire e riordinare senza sosta ogni angolo della città, ed invece non è così. Sembra di essere in presenza di spiriti del passato (o forse del futuro) che fluttuano senza lasciare traccia alcuna: una carta, una scritta, una impronta, un chewing gum……..un rumore. Sì, anche il silenzio regna sovrano. Durante la festa più importante di tutto il Giappone, Gion Matsuri, fiumi di persone scorrono placidi per le strade in un silenzio surreale, tanto che i deboli trilli dei campanelli dei carri si odono distintamente anche a distanza, preannunciandone l’imminente passaggio. DSC_6534

E così i moderni centri commerciali e i negozi di alta moda fanno un passo indietro accennando un lieve inchino per onorare anch’essi gli uomini e i bambini che, vestiti con drappi e pesanti kimono, trascinano carri alti oltre 20 m.

Sui carri uomini cantano nenie al ritmo di campanelle e tamburi, e sul carro di apertura della sfilata un bambinoDSC_6557 con il volto dipinto di bianco e con il capo e il corpo riccamente adornati, si sporge con tutto il busto a 10 m di altezza, per catturare gli spiriti malvagi e porre fine alla pestilenza che, 1000 anni fa, aveva decimato la popolazione. Da allora questo rituale si compie ogni anno come evento culminante di una festa che si protrae per tutto il mese di luglio. Il caldo è torrido, ma non per loro, che sembrano perfettamente a loro agio dentro ai pesanti vestiti, forse perchè hanno una missione troppo importante per occuparsi di sè stessi. I carri avanzano lentamente oscillando al ritmo cadenzato dei colpi di cuneo che vengono magistralmente infilati sotto le grandi ruote di legno per indirizzare il carro, mentre i decori floreali e di animali esotici sembrano prendere vita ed uscire dalle pareti laterali per unirsi alla folla. DSC_6542

Non appena la parata è terminata, i carri vengono smontati per evitare che gli spiriti imprigionati escano nuovamente.

Le regole muovono abilmente i cavi degli avvenimenti in modo che tutto scorra liscio. DSC_6551 Nelle vie pedonali le persone percorrono la strada tenendo la sinistra e nessuno occupa la corsia sbagliata, a parte noi ovviamente, che veniamo subito gentilmente richiamati all’ordine. Vigili vestiti come giostre con luci rosse e blu, dirigono il traffico pedonale, e scambiano inchini e sommesse parole con coloro che chiedono il permesso di attraversare.

DSC_6547Eppure alzando la testa si rimane attoniti a vedere la selva di cavi elettrici che si rincorrono attorcigliandosi l’un l’altro per arrivare nelle abitazioni. Verrebbe quasi da pensare che così presi ad assicurarsi che tutto sia perfetto in terra, si siano dimenticati di alzare la testa. Ma ovviamente non è cosi: anche il disordine ha il suo ordine. I cavi sospesi permettono di individuare e sistemare più rapidamente un eventuale guasto, e questo aspetto è essenziale in una terra che spesso trema. E così quel disordine rimane sospeso sull’ordine generale come un amaro scherno.

Forse è proprio per non risvegliare l’ira degli spiriti di una terra a volte troppo violenta che gli uomini cercano di passare lievi, con lo sguardo rivolto verso il basso e protesi all’ascolto come in una perenne preghiera.

Nuovamente in Oriente!

Dopo poco più di un anno eccoci riapprodati in estremo oriente! Non più un paese emergente, la Cina, ma uno dei più sviluppati al mondo: il Giappone. Mi risulta inevitabile sin da subito confrontare le due esperienze, forse perchè le uniche fatte in Asia, forse perchè entrambe nascono come una opportunità lavorativa di Mario in ambito universitario. L’aspettativa era tanta ed è cresciuta sempre di più nell’attesa della partenza tra racconti di chi era già stato, articoli e reazioni entusiaste di amici e parenti. Non da ultimo per un ingegnere ambientale Kyoto rappresenta una sorta di “Monte Sinai” dove nel 1997 è stato siglato il protocollo contenente i “comandamenti” da cui discendono, o dovrebbero discendere, le nostre politiche ambientali.

Il Giappone ci offre subito il suo biglietto da visita nel viaggio da Tokyo a Kyoto: i treni, che sembrano esser al loro viaggio inaugurale da tanto sono puliti ed in ordine, hanno una puntualità imbarazzante e sembra quasi che ci aspettino dietro l’ultima curva per esser subito pronti quando arriviamo in banchina. Strana sensazione per chi ha viaggiato in Italia ed è abituto a giocare a “nascondino” con i treni che cercano abilmente di non farsi trovare: in ritardo o soppressi quando si arriva in anticipo, in anticipo quando si è in orario o in lieve ritardo! shinkansen

E poi la casa. In Cina eravamo stati presi da un certo sconforto quando, entrati dalla porta frustra della “army barrack“, ci si era parata davanti una piccola cucina con numerose candelette di grasso solidificato che come liane scendevano dalla cappa. Le più audaci si erano spinte fino agli armadietti, ed erano rimaste aggrappate alle ante, forse colte di sorpresa dal nostro ingresso, mentre erano in attesa che la polvere e le granaglie sparse all’interno dei mobili le facessero entrare. E le altre stanze non volevano certo esser da meno.

La casa giapponese al contrario ha mobili ed oggetti in perfetta livrea che si specchiano su pavimenti quasi bianchi e assolutamente lustri. Tutto era pronto per il nostro arrivo, ed ogni cosa, scrollatasi di dosso anche l’ultimo granello di polvere, ci attendeva con un ossequioso ed orgoglioso inchino, com’è usanza da queste parti.

Però l’imperfetta accoglienza cinese era impagabile: l’edificio in cui abitavamo era situato dentro il campus e spesso bussavano i ragazzi che venivano a chiamarci per andare a pranzo, cena, per portarci te verde, dolci o altri cibi tipici o anche solo per assicurarsi che non avessimo bisogno di nulla. L’invadente e chiassoso entusiasmo cinese ha lasciato spazio alla discreta cortesia giapponese che, sebbene sia più simile all’accoglienza “occidentale”, ti fa sentire maggiormente lontano da casa.

 

1 anno e 15.000 km dopo

Tempo di fare i primi bilanci dopo un anno di utilizzo. Innanzitutto la cosa più importante: non sono mai rimasto a piedi, né ci sono arrivato vicino. È chiaro che ogni spostamento un po’ lungo va programmato con attenzione, privilegiando il percorso “breve” rispetto a quello “veloce”, e dunque le statali rispetto alle autostrade (col che si risparmia anche). Tuttavia in condizioni critiche (inverno e pioggia) questo si può rivelare controproducente, visto che se si sta molto fermi nel traffico il riscaldamento, il tergicristallo e i fari comunque succhiano un bel po’ di batteria.20140531_175244

L’autonomia reale è naturalmente molto più bassa del dato ufficiale. A chi mi chiede rispondo che con un “pieno” si può contare ragionevolmente su non più di 120 km, ovviamente se si guida molto tranquillamente e senza il climatizzatore/riscaldamento. Se poi si tiene conto che è buona norma ricaricare la batteria solo all’80% e che non è il massimo girare con meno di due tacche residue (sulle 12 totali), allora diciamo pure che un range veramente tranquillo è di 80 km. Che però si sono rivelati più che sufficienti per la stragrande maggioranza degli spostamenti routinari.

Le soddisfazioni più grandi sono naturalmente quelle di muoversi in città senza alcuna emissione allo scarico e in silenzio, oltre a quella di ricaricare, quando possibile, in modalità 100% fotovoltaica, e quindi muoversi realmente a impatto quasi zero. Anche i bambini sono entusiasti, e preferiscono nettamente quando ci si muove con “l’elettrica”, anche se ambirebbero alla Tesla, beata ingenuità… Altra soddisfazione, ma non credo duratura, è quella di poter parcheggiare in pieno centro a Milano, magari proprio davanti alla Scala!

In seconda battuta, ma tutt’altro che trascurabile, il piacere di guida. Silenzio, assenza di vibrazioni, fluidità, accelerazione bruciante e progressiva quando serve. Un’elettrica è pure il luogo ideale per lunghe conversazioni telefoniche in vivavoce.

Il rovescio della medaglia di tutto ciò è che l’auto elettrica rischia di creare assuefazione, se non addirittura dipendenza. Non nascondo di aver fatto qualche spostamento in più in auto rispetto al beneamato treno. Ma, come ho già raccontato, l’accoppiata con la bici pieghevole rimane determinante.

Due parole sui costi: bollo assente, assicurazione RC a prezzo ridicolo, area C di Milano gratuita, parcheggio gratuito sulle colonnine di ricarica, ricarica a casa gratuita quando c’è il sole. Sicuramente gli investimenti iniziali sono importanti, ma in una prospettiva di lungo termine…

Una giornata intermodale – 2

Un paio d’anni fa raccontavo in questo post la cronaca di una giornata intermodale. Ora parlo di un’altra esperienza di intermodalità, ma questa volta di tipo “auto (elettrica, ça va sans dire) più bici”.

Con l’auto elettrica bisogna pianificare una trasferta non ordinaria in maniera molto accurata, soprattutto se ci si avventura in zone dotate di poche infrastrutture di ricarica. E avere una bicicletta di supporto aiuta non poco…

Dunque partenza all’alba in direzione Milano, circa 60 km, e successiva ricarica alla colonnina A2A interna al Politecnico. Servono circa 3 ore per ripristinare la carica iniziale.

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Ripartenza alle 11 per un’altra tappa, sempre in zona Milano, e poi alle 12.30 in direzione Lecco. Qua c’è una sola possibilità di ricarica, con due postazioni legate ad un’azienda privata che concede ancora per un po’ la ricarica a titolo gratuito. Naturalmente allertati già qualche giorno prima, si sono rivelati gentilissimi e disponibili. La postazione non è molto vicina a dove mi devo recare, dunque si estrae la fida pieghevole dal bagagliaio e via.

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Ad impegno finito l’auto è di nuovo al 100%, si riparte per il rientro a casa con la prospettiva di uno stop per ricarica rapida al Villoresi Est (autostrada Milano-Varese). Ma il navigatore suggerisce un itinerario breve di soli 90 km che, tagliando per le strade statali della Brianza, mi consente di arrivare a casa senza ulteriori ricariche.

E così è, circa 200 km in elettrico senza problemi!

 

 

Ventisei anni dopo

Anno 1987, Scozia in camper. Un viaggio pionieristico per l’epoca, su su lungo la costa nord occidentale delle Highlands fino alle Orcadi. Ripromettendosi di andare sulle Ebridi esterne nell’occasione successiva. Da lì nacque l’attrazione magnetica per il Nord Europa, Irlanda, Norvegia, Islanda, Svezia.

Ventisei anni dopo eccoci di nuovo qua, alla ricerca del Vallo di Adriano e di nuove atmosfere nordiche.image

Segnali

Mi piace cercare di cogliere i piccoli segnali. E ultimamente ne stanno arrivando molti. Domenica 16 giugno, giornata festiva e senz’altro anomala dal punto di vista meteorologico, mentre noi ci deliziavamo sulle Apuane per ben due ore la produzione di energia elettrica in Italia è stata totalmente sostenuta dalle fonti rinnovabili. In Germania qualcosa del genere è successo, mi sembra per una giornata intera, già nella primavera del 2012.MGP_16giu2013

Pur con tutte le attenuanti del caso (non solo vi erano le condizioni ottimali per solare ed eolico, ma anche un idroelettrico in piena forma a causa delle abbondanti precipitazioni primaverili), stiamo assistendo ad un trend inarrestabile. Anche perché a questo contribuisce senz’altro la forte diminuzione dei consumi che si sta verificando prevalentemente per la crisi, ma anche a causa del progressivo efficientamento energetico. E dunque cosa potrebbero fare le grosse utilities tradizionali per arginare il tracollo? Ma puntare sulla mobilità elettrica, no? Elementare Watson. Un bacino potenzialmente immenso di nuovi consumatori di energia.

E sempre a proposito di segnali, da qualche settimana, udite udite, Nissan ha timidamente iniziato a pubblicizzare la LEAF anche in Italia. Che sia la volta buona?