La cena ad un sushi bar di Sendai, in compagnia del Prof. Takamura, è stata indimenticabile. Una persona del posto ti sa guidare in un percorso di esplorazione dei gusti che da solo, e di fronte ad un linguaggio incomprensibile, non sei sicuramente in grado di affrontare. L’abbinamento tra i diversi tipi di pesce crudo, il piccante del wasabi, la freschezza dello zenzero marinato e il caldo/freddo del sakè nelle sue due versioni possono dare luogo, almeno per quanto mi riguarda, ad un’esperienza quasi mistica.
Author Archives: Mario
L’atomo del passato e quello del presente
In meno di ventiquattr’ore mi sono catapultato dal dramma dell’atomo “cattivo” ai problemi di quello “buono”. Dalla fragorosa tragedia dei 140.000 morti, all’angoscia silenziosa di tutte le persone che non potranno rientrare nelle loro case chissà per quanto. Ironia della sorte, anche queste circa 140.000.
Da Hiroshima a Sendai, dunque, 6 ore di Shinkansen, prima attraverso un’urbanizzazione pressoché continua e poi solcando zone più rurali e boscose. Sendai ha resistito ad un sisma di magnitudo 9, roba che da noi avrebbe annientato qualunque cosa. Nel laboratorio del Prof. Nakamura mi hanno mostrato qualche piccola crepa su un muro, praticamente solo sull’intonaco, e indicato uno strumento (uno di numero) che è stato danneggiato dal sisma. Tre grandi scosse nel giro di 3-4 minuti, molto intense ma con una bassa frequenza di oscillazione. Anche questo spiegherebbe i danni relativamente contenuti della prima parte della tragedia. Ma poi è arrivata l’acqua, pare abbastanza inaspettatamente almeno per quanto riguarda l’altezza prevista delle onde. E soprattutto il black-out conseguente al sisma non ha consentito di allertare adeguatamente una popolazione che invece avrebbe eseguito alla lettera tutti gli ordini.
La linea ferroviaria ad alta velocità in un mese è stata ripristinata, poco dopo anche l’aeroporto, che era stato investito in pieno dall’onda. Ma Fukushima è ancora lì. Le persone con cui ho parlato cercano di schivare l’argomento. O di minimizzare. Ma tenendo conto del loro atteggiamento schivo e del disagio tipicamente giapponese di parlare di ciò che non va, si capisce che la preoccupazione è ancora elevata. Ed emerge che i giovani non intendono ritornare nelle zone colpite, né vicino al mare. Viceversa per gli anziani.
Tematiche che si intrecciano. La mitigazione dei cambiamenti climatici, di cui il Giappone è elemento centrale sia dal punto di vista simbolico (Kyoto) che della realtà dei fatti (l’incremento osservato della temperatura in Giappone è molto più elevato di quello medio del pianeta), non può prescindere dall’opzione nucleare. O almeno questo è quanto postulano alcuni tra i più convinti sostenitori della necessità di agire con la massima urgenza (J. Hansen in primis). Eppure proprio qua l’energia nucleare ha mostrato il suo volto peggiore. A causa di un evento estremo quanto si vuole, ma che tuttavia si è puntualmente verificato.
Come ho già avuto modo di dire, le centrali nucleari giapponesi sono ancora tutte ferme, ma pronte a ripartire progressivamente tra alcuni mesi. D’altronde i consumi di energia di questo paese sono molto elevati, e le incrementate importazioni di fossili stanno già pesando sulle bollette energetiche. Le rinnovabili si stanno sviluppando, almeno all’apparenza. Non ho ancora visto turbine eoliche ma ho visto molto fotovoltaico domestico sui tetti. All’incirca come da noi, o forse anche un poco di più. Sviluppatosi soprattutto a partire dal 2011 grazie a forti incentivazioni. Infine del modesto sviluppo della geotermia abbiamo già parlato, ma chissà che anche lì le cose possano cambiare.
Un omaggio al Protocollo
Vista la mia curiosità, il Prof. Takaoka mi ha portato a pranzo all’International Conference Center di Kyoto, quello dove nell’ormai lontano 1997 si è celebrata la COP3 che ha dato origine al Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti.
E’ un posto anonimo, dietro a una collina appena a nord di Kyoto, ed è pure in piena fase di ristrutturazione. Quindi la sala della conferenza plenaria non era neppure visitabile. In compenso hanno predisposto una piccola Hall of fame, che è stato un piacere fotografare.
Un’esperienza inaspettata!
Il primo di agosto andiamo a Nara dove c’è la statua del Budda più grande del mondo. Dentro a Nara c’è un bosco dove ci sono tanti templi ed il più grande contiene la statua del Budda. Di fianco al Budda ci sono due statue femminili e tutto in torno tante piccole statue dei Budda generati da loro. Un po’ più indietro due statue severe sono i guardiani del Budda. Per il solo Budda hanno usato 436 tonnellate di bronzo e 130 chili di oro. Ad un certo punto il papà ci ha detto di osservare bene le narici del Budda. Infatti poco dopo abbiamo visto una colonna con un grande foro della dimensione di una narice nel quale io sono passato dentro.
Nel bosco e nelle strade c’erano cervi grandi e piccoli; alcuni mangiavano l’erba ed erano più paurosi mentre altri mangiavano biscotti che gli davano gli uomini.
E’ stato molto bello vedere la statua del Budda ed accarezzare dei cervi!
Chiarito il motivo della iperproduttività giapponese
Shintoismo e Buddismo
In questi giorni si celebrano le cerimonie agricole e della purificazione presso il tempio shintoista Shimogamo-jinja. Il tempio risale all’VIII secolo ed è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Situato alla confluenza di due fiumi in mezzo ad un raro bosco di latifoglie, in questi giorni subisce l’assalto da parte di migliaia di persone che, come noi, accorrono al tempio per prendere parte alle celebrazioni. Non appena arrivati veniamo convogliati da vigili in tenuta psichedelica dentro a un percorso a serpentina, simile a quelli che si vedono nelle code delle attrazioni dei parchi divertimento. Appena prima di arrivare alla tettoia sotto cui ci dovremo togliere le scarpe, bambini, uomini e donne in divisa ci porgono dei sacchetti di plastica nei quali riporremo le calzature. Due donne ci vendono delle candeline bianche infilzate su bastoncini di legno e dopo un attimo ci troviamo sulla riva del fiumiciattolo nel quale entreremo a breve. Rassicuro Pietro circa il fatto che l’acqua, che doveva arrivare al massimo alle caviglie, sarebbe stata calda, anche se i gridolini della gente che saltella con l’acqua a metà coscia mi smentiscono su ogni fronte. Quando il fiume umano di cui siamo parte confluisce in quello liquido, abbiamo la conferma che i balletti e i versi emessi dalle persone non sono parte del rituale, ma effetto dell’acqua fredda. Pietro mi lancia subito un’occhiataccia, mentre Luca per dimostrare la sua prestanza fisica parte come se stesse facendo una gara podistica più che un rituale di purificazione. Andrea segue fiducioso e si diverte a vedere l’acqua che fa di tutto per raggiungere i suoi pantaloni corti, prendendosi gioco dell’impegno con cui lui cerca di tirarli su.
Arrivati in fondo al tragitto sfiliamo le candeline dal bastoncino per inserirle in un portacandele metallico sottostante l’altare. Usciti dall’acqua e rimessi i calzari, proseguiamo sotto un tendone dove alcuni uomini elargiscono acqua purificatrice in batteria. Dopo il passaggio obbligato dall’altare, in un attimo veniamo sputati fuori dal tempio e catapultati su una strada sterrata in mezzo al bosco, costellata da bancarelle di street food e paccottiglia di vario tipo. Purtroppo era difficile vivere questa esperienza in modo spirituale, e credo che pochi fossero lì con quell’intento. Ci hanno infatti spiegato che la religione shintoista, originaria del Giappone, è quella che viene abbracciata dai più ma non per fede, ma per tradizionale attaccamento verso alcune cerimonie, prima fra tutte il matrimonio. La religione buddista invece, di origine cinese, viene abbracciata da una minoranza che realmente crede e partecipa alla vita religiosa.
Quando finalmente il caos della festa sarà terminato, il tempio potrà strapparsi le odiate vesti da luna park per rimettersi quelle antiche e sacre di luogo di culto, permeato dai suoni delle anime raccolte in preghiera.
In punta di piedi
Avendo visitato qualche impianto di trattamento rifiuti in Svizzera ero già abituato alla loro proverbiale pulizia. Ma qua sono riusciti a stupirmi. Altro che scarpe antinfortunistiche, questa foto parla da sola…
E cosa vogliamo dire del video con ologrammi in 3D per spiegare ai bambini delle scuole elementari la corretta gestione dei rifiuti?
E dei condotti che sparano aria fresca prelevata dall’esterno per alleviare la calura di un operatore eventualmente di passaggio nella zona superiore della caldaia?
Il sistema scolastico
L’altra sera, quando siamo stati invitati a cena da Takashi Fujimori, abbiamo avuto modo di capire meglio come funziona il sistema scolastico giapponese. La moglie infatti, prima di avere la bambina, era una maestra di scuola elementare, ma avendo deciso di avere più figli, avrà difficoltà a reinserirsi nel mondo lavorativo.
I bambini iniziano la scuola all’età di sette anni. La scuola primaria dura 5 anni durante i quali i ragazzi imparano circa 700-800 simboli delle migliaia totali: 50 il primo anno, 80 il secondo e via via crescendo negli anni successivi. Esistono 3 insiemi di simboli: Kanji, il primo e più numeroso, è costituito da ideogrammi ereditati dalla Cina, Hiragana e Katakana sono una sorta di scrittura fonetica con un numero più ridotto di simboli e i due insiemi si fondono nel linguaggio scritto e parlato. Naturalmente poi devono conoscere anche l’alfabeto anglosassone, il Roma-ji, per poter scrivere i fonemi sul pc che vengono poi trasformati in simboli e per imparare le lingue straniere, principalmente l’inglese. I bambini si esercitano su tabelle che devono esser compilate inserendo in ciascuna colonna per dieci volte uno specifico simbolo. In pullman ci è capitato di vedere un ragazzino intento in tale attività.
Le classi possono avere fino a 40 alunni e la maestra è unica. L’orario scolastico è simile a quello del nostro tempo pieno e per il pasto la famiglia paga circa 30 euro al mese. Ci hanno spiegato che in passato gli scolari “dovevano” essere a casa entro le 17, mentre adesso possono rientrare anche alle 18.00 – 18.30, dopo aver svolto le attività extra scolastiche, che in realtà consistono in ulteriori ore di studio. Sembra infatti che l’ammissione alle scuole superiori e poi all’università sia veramente selettiva, quindi i bambini iniziano a prepararsi duramente sin dai primi anni di scuola. Questo spiega perchè i parchetti sono deserti in Giappone!
Una piacevole serata
L’aspetto più interessante del viaggiare per lavoro rispetto al viaggiare per turismo, sta nella possibilità di conoscere maggiormente le persone e le loro abitudini. L’altra sera siamo stati invitati a cena da un ragazzo che lavora come ricercatore all’Università di Kyoto e da sua moglie. La coppia ha una bimba, il cui nome si pronuncia “Kana-o”, che è nata il medesimo giorno di Andrea, il 24 giugno, però del 2013. La piccola si sta cimentando con i primi passi e i primi suoni articolati, assolutamente uguali a quelli che pronunciavano i miei figli alla sua età e molto assonanti con quelli che pronunciano gli adulti. Ricordo infatti che allora dicevo sempre che i miei figli sembravano giapponesi e a distanza di alcuni anni ho potuto appurare che lo erano veramente!
La casa in cui ci hanno accolto era tradizionale, essendo un edificio di più di 100 anni. Per raggiungere l’ingresso abbiamo percorso alcuni metri in un angusto corridoio in mezzo a due edifici antistanti al termine del quale ci siamo trovati di fronte a una porta scorrevole in legno e carta di riso. Come consuetudine ci siamo tolti le scarpe prima di entrare. Varcata la soglia ci siamo trovati in un piccolo ingresso con un tavolo e un cucinino.
A sinistra un’altra porta scorrevole dava accesso ad un vano con il tatami (la tipica pavimentazione in stuoia utilizzata per le camere da letto e i locali giorno) il cui soffitto in legno incombeva basso. Un tavolino alto circa 30 cm era baricentrico rispetto al locale e sulle tre pareti non occupate dalla porta scorrevole erano addossati rispettivamente un piccolo divano di velluto verde con la struttura in legno, una poltrona sotto alla quale c’era un vasino di ceramica come quelli che si usavano un paio di generazioni fa in Italia, una libreria, alcuni giochi di legno e una scrivania con due computer. Non mancavano un condizionatore e un ventilatore, indispensabili in una giornata che ha toccato i 37°. L’ambiente risultava molto raccolto ed accogliente. Ci siamo seduti tutti per terra intorno al tavolino centrale per prendere l’aperitivo: anguria, legumi simili a piccole fave e una bevanda molto popolare dall’aspetto simile al latte di cocco e dal gusto paragonabile al sorbetto al limone.
Di seguito sono state appoggiate sulla scrivania numerose ciotole contenenti germogli, mais, formaggio, tofu, verdure, piccoli wurstel, pesce crudo e la più grande riso. Non mancavano ovviamente salsa di soia, zenzero e spezie. In una vaschetta poi eran contenuti alcuni fogli di alghe di due differenti dimensioni. Entrambi andavano riempiti con riso e gli ingredienti desiderati; le più piccole venivano poi arrotolate a forma di cono, le più grandi adagiate su uno stuoino che serviva per arrotolarle a forma di cilindro. Le prime venivano mangiate dal commensale che le aveva preparate, le seconde tagliate a rondelle e condivise.
La cena si è conclusa con alcuni dolci che avevamo portato noi simili a pancakes, che ci hanno affascinato perchè prodotti con una macchina posta in bella vista nella vetrina del negozio, che ricordava tanto il film di Charlie Chaplin “Tempi moderni”.
I bambini erano molto divertiti da questa cena così interattiva. Non appena terminato hanno iniziato a giocare facendo rotolare alcune palline sul tatami, suscitando l’interesse della piccola che si aggirava eccitata e barcollante tra gli strani ospiti, afferrando quello che poteva dai piatti di ognuno, secondo la migliore tradizione che accomuna tutti i bambini del mondo. Nel frattempo noi adulti sfogliavamo il bellissimo album di matrimonio dei due ragazzi celebrato con abiti tradizionali secondo il rito Shintoista.
E’ stata davvero una piacevole serata!
Un Paese molto caro?
Questa era l’impressione prima di partire, mi sono anche affrettato ad aumentare temporaneamente il plafond della carta di credito.
Il costo della vita in città si sta invece rivelando decisamente accettabile, certo anche grazie all’Euro forte ma non solo. Qualche esempio:
- una corsa sui mezzi pubblici 230 yen (circa 1,7€). Circa la loro efficienza, ne abbiamo già parlato
- cena a buffet all you can eat con prodotti biologici e di filiera corta: 4500 yen (33€) per tutti e cinque
- il pranzo nel medesimo posto, alle stesse condizioni e con la stessa varietà di cibo: 3100 yen (23€). Qua è prassi abituale che il pranzo venga servito a costo minore rispetto alla cena
- ingresso giornaliero nella enorme piscina del centro Aquarena 820 yen
- praticamente ovunque i bambini pagano la metà
La spesa al supermercato è invece proporzionalmente più cara, in particolare frutta e verdura, che vengono via a peso d’oro.
Dunque anche qua come in Cina è alla fine quasi sempre preferibile andare a mangiar fuori!