About Mario

Oltre ad occuparmi di rifiuti per mestiere, mi intrigano la mobilità ciclabile e quella elettrica. E di conseguenza il viaggiare, da cui sto diventando sempre più dipendente

Vita nel campus

Dunque, noi siamo circa qua, all’interno del campus universitario. Quello che si vede zoomando indietro, in basso a destra, è il mitico lago Occidentale, una delle principali attrazioni della Cina. In questo periodo è in piena fioritura, peccato per il grigio del cielo che, sebbene non sia nulla rispetto allo smog di Pechino, fa comunque rimpiangere (ed apprezzare) le nostre splendide giornate di cielo azzurro in Italia!

I due ragazzi nella foto del post precedente sono Yong e Jie (Jack per gli occidentali), due nostri assistant, ovvero studenti di dottorato che ci supportano (e sopportano) nella vita quotidiana: traduzioni dal cinese e in cinese, risoluzione di problemini vari, accompagnamento turistico. Tutto, insomma. Che dire, sono semplicemente favolosi!

 

 

La Svizzera della Cina

“In cielo c’è il Paradiso, sulla terra ci sono Suzhou e Hangzhou”

Dopo cinque giorni di permanenza ad Hangzhou, effettivamente questo detto pare vero. Stiamo lentamente esplorando questa cittadina di 6 milioni di abitanti, che a detta di tutti è tutt’altro che rappresentativa della Cina media. Niente traffico (si fa per dire), pochissima gente in giro (si fa per dire).

Quello che non manca è l’entusiasmo dei cinesi che, tra politica del figlio unico ed apprezzamento per i bambini occidentali, ci assalgono appena ci fermiamo per riempirci di foto.

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A proposito del limite di 30 km/h e dell’enforcement

Si è fatto un gran parlare della proposta di imporre il limite di velocità a 30 km/h nelle città per tutelare le utenze deboli (pedoni, ciclisti).

Benissimo, proposta sacrosanta in linea di principio, soprattutto se non fossimo in Italia ma, che so, in Scandinavia. Ricordate il limite di velocità di 90 km/h imposto alcuni anni fa sulle Tangenziali di Milano? Vi risulta che qualcuno lo rispetti? E che venga fatto rispettare?

E’ sintomatico che esista un termine in inglese molto utilizzato, “enforcement”, che non ha analoga traduzione in italiano. Anzi, ce l’ha, il traduttore di google fornisce “applicazione”, “imposizione”, “costrizione”, ma nulla a che vedere con il concetto anglosassone di enforcement. Che esprime l’idea, molto semplice, di “fare applicare una legge”. Non basta che una legge ci sia, se poi questa non viene fatta applicare rigorosamente.

Insomma, temo che il discorso dei 30 km/h, se mai venisse applicato, farebbe la stessa fine dei 90 km/h in tangenziale.

Io sono quindi più favorevole, nelle nostre grandi città, ad un “enforcement” serio dei 50 km/h piuttosto che un imposizione di facciata dei 30, e poi chi s’è visto s’è visto. Pensiamo anche al risparmio, i cartelli ci sono già tutti…

La città ideale (una dichiarazione d’amore)

Milano è la città ideale per muoversi in bici: compatta, con una struttura regolare, tutta pianeggiante, con un ottimo clima. Oddio, a luglio può fare molto caldo, vero. Ma  si sta meglio così che in balia di un condizionatore che cerca di far svaporare i bollori di un’auto lasciata sotto al sole. O peggio ancora all’interno di un casco integrale e con un motore tra le gambe che ti cuoce quando sei fermo al semaforo. Li ho già provati entrambi, grazie…

E poi la sicurezza, vero, un bel tallone d’Achille. Ma in attesa dell’auspicata entrata in vigore delle zone a 30 km/h (e nella speranza che vengano poi fatte rispettare), è tutta una questione di numeri. Più aumentano i ciclisti a discapito di automobilisti e motociclisti, più la situazione non può che migliorare.

Non sono un milanese, ma ci vivo tutti i giorni. E amo questa città, davvero! E il modo di dimostrarle questo mio amore è proprio quello di non contribuire, nel mio piccolo, all’inquinamento atmosferico e acustico che la violentano ogni minuto che passa.

Milanesi, coraggio!

I ciclisti della domenica

Sono anch’io un ciclista della domenica. Anzi, penso che alla domenica mattina le strade dovrebbero essere chiuse al traffico dei veicoli a motore, almeno quelle più belle tra il Vergante e il lago d’Orta, oltre naturalmente a tutte le salite! Per lasciare spazio sia ai numerosi ciclisti solitari che ai folti grupponi che arrivano dalla pianura.

Eppure il fenomeno dei ciclisti della domenica è un altro esempio della anomalia italiana. In Scandinavia quest’estate non ho visto nulla di tutto ciò alla domenica mattina. Eppure le città sono sempre invase dai ciclisti. Insomma, il contrario che da noi.

E se i nostri ciclisti della domenica diventassero tutti anche dei ciclisti urbani?

Una giornata intermodale

Questa è la breve cronaca di una giornata intermodale tipo, per me che da cinque anni ho abbandonato la città pur continuando a lavorarci. E che, dopo un paio d’anni di utilizzo di due diverse biciclette lasciate in stazione al mattino e alla sera, ho deciso di fare un salto in avanti e dotarmi di pieghevole, o meglio della Pieghevole per eccellenza.

Si parte da casa alle 7.30, caschi, giubbotti e via! 7 km tra i campi di grano, in leggero declivio.

Un paio di passaggi e attraversamenti delicati (vita dura per i ciclisti anche in campagna, non solo in città) e alle 8 siamo all’asilo.

Lasciata la duplice “zavorra” riparto subito per la stazione, un paio di km, questa volta con un bello strappo in salita. Stazioncina di campagna, monobinario… e poi un cambio di treno.

Dalla Stazione Centrale al Politecnico, altri 3 km in velocità, sull’asse via Andrea Doria, Viale Gran Sasso, Piazza Piola. Viva la corsia preferenziale!

Alla sera si riparte, ma questa volta sulla Stazione Garibaldi. 5 km con passaggio per la ciclabile di Via Morgagni, invasa da pedoni e carrozzine. Ma la bici disegnata per terra proprio non la vedono??

 

 

Doppio passaggio in treno, arrivo a casa. Si riapre la bici e via, per gli ultimi 2,5 km della giornata con la luce radente del tramonto, il profumo della campagna (oddio, non sempre profumo…) e soprattutto quei 4-5 gradi in meno rispetto all’isola di calore di Milano.

Alla fine della giornata mi sono messo in tasca quasi 20 km, una discreta dose quotidiana di allenamento. E ho anche pedalato con i miei figli. Ma soprattutto la pieghevole mi consente una libertà, un’elasticità e una gestione dei tempi che non potrei avere con nessun altro mezzo. Provare per credere!